Stop agli smartphone in classe

Stop agli smartphone in classe

Da settembre il cellulare resta a casa o al massimo chiuso nello zaino. Ritorna il caro vecchio diario di carta per segnare i compiti. Smartphone banditi dunque, anche per uso didattico sotto il controllo degli insegnanti.
L’uso eccessivo della tecnologia ha un impatto negativo e potenzialmente pericoloso sullo sviluppo cognitivo dei ragazzi. Per non parlare del crollo del rendimento scolastico degli adolescenti. Distrazione, perdita di memoria e di concentrazione, diminuzione della capacità dialettica e di spirito critico. Con tanto di studi scientifici a supportare la decisione del Ministro accolta con favore da tanti genitori rassicurati dal provvedimento.
Insomma il nemico smartphone è messo all’angolo. Ed ora? Assisteremo ad un cambiamento generazionale epocale? Ai social abbiamo dato la colpa di fronte ai ragazzi depressi, a quelli che si comportano male con gli adulti, a quelli che non vanno bene a scuola, di fronte agli episodi di bullismo e alle sfide pericolose. Tutto il disagio e la sofferenza giovanile di questi anni hanno trovato una causa, il famigerato cellulare che adesso dovrà vedersela con il Ministro dell’Istruzione. Quanto ci piace semplificare la complessità del nostro tempo! Anche perché così abbiamo più tempo per postare su tutti i social le nostre opinioni, la nostra vita privata, la rappresentazione di noi stessi che ci fa sentire all’altezza di una timeline straboccante di modelli di successo. Sarà anche per questo che andiamo perdendo credibilità di fronte ai ragazzi?

Torniamo a fare gli adulti

Non c’è dubbio che oggi fare il genitore è più complicato di ieri: l’era digitale mette i ragazzi su un piano diverso dal nostro approccio “analogico” alle cose della vita. Però l’uso smodato della tecnologia e dei social, diciamocelo, riempie un vuoto, per un per un bel po’ di tempo delle nostre giornate. E poi lascia un vuoto ancora più profondo. E piano piano diventa come una droga. Ti da la sensazione di benessere, di euforia, ti fa dimenticare i problemi, poi finisce l’effetto e i problemi tornano ingigantiti. E si ricomincia. Un circolo vizioso che giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ci va trasformando in adulti sempre meno adulti e sempre più adolescenti. Sempre più fragili. E magari pensiamo anche che i nostri figli non se ne accorgano. Però tutti a parlare della fragilità degli adolescenti confortati da studi, statistiche, esperti e gridi d’allarme.

Fuori il cellulare, dentro l’educazione digitale

Mettere al bando il cellulare non basta. A noi adulti, a scuola e in famiglia, resta il compito di educare ad un uso consapevole e responsabile dello smartphone e dei social. Da dove si comincia? Con un po’ di umiltà bisogna imparare alcune cose prima di spiegarle ai ragazzi. In rete si trova di tutto ma anche questo approccio rischia di essere semplicistico di fronte a questioni così complesse. La cosa migliore è partecipare a qualche momento formativo rivolto agli adulti, genitori e insegnanti, con la presenza di esperti. Gli incontri “in presenza” sono importanti perché consentono di confrontarsi, porre dubbi, sperimentare gli strumenti, ad esempio di parental control, condividere soluzioni, buone prassi e abbassare il livello di ansia. Il primo bisogno dei genitori è quello di non sentirsi soli perché il senso di impotenza ovviamente prelude all’atteggiamento rinunciatario. E a forza di rinunciare ad educare i figli stiamo finendo per rinunciare a farli i figli.

L’Università della Famiglia

Ci sono tante realtà del terzo settore, ma anche Scuole e qualche Comune, che organizzano incontri di formazione per genitori ed insegnanti. Exodus ha lanciato diversi anni fa l’Università della Famiglia che, anche quest’anno, ad ottobre, riaprirà le attività con incontri animati da esperti con lunga esperienza di lavoro con gli adolescenti, nel campo del disagio giovanile, delle dipendenze, della relazione educativa e della progettazione sociale. La famiglia e la scuola sono i fattori di protezione più importante contro la sofferenza che galoppa tra i giovani, soprattutto dalla pandemia in poi. Informarsi, capire ed educare è un compito e una responsabilità a cui non possiamo sottrarci. Proviamo a farlo insieme, proviamo a farlo tutti.

Foto di copertina: Image by freepik

Giovani: mancano le strategie

Giovani: mancano le strategie

Dipendenze e educazione alla felicità. Nonostante le attività poste in essere, la prevenzione, le campagne informative (sempre troppo poche) ciò che manca sembra essere un’analisi vera sullo stato emotivo dei ragazzi. E dei meno giovani.

Perché i ragazzi sono tornati a drogarsi? Questa è la domanda che ci stiamo facendo da quando con il calo dell’eroina invece di diminuire i tossicodipendenti sono aumentati di dipendenti da qualunque cosa. La risposta più ricorrente, ad ascoltare proprio i ragazzi, è il vuoto che sentono dentro. Un vuoto che nasce dalla incapacità di dare senso alle cose della vita: la famiglia, la scuola, il tempo libero, le amicizie, le passioni come la musica o lo sport. Ma siamo noi adulti che non sappiamo più insegnare a dare senso alle cose. Da quel vuoto i ragazzi cercano di fuggire provando a riempirlo con quello che la società gli mette a disposizione: alcol, fumo, sostanze, gioco, sfide estreme. Le cose che attivano dopamina e scariche di adrenalina nel cervello e ti fanno sentire vivo.

Non è un caso che il numero dei suicidi nell’ultimo periodo pare essere aumentato…

Il suicidio è la seconda causa di morte fra gli adolescenti. Fa impressione la quantità di ragazzi che arrivano al gesto estremo passando per un percorso di disagio psicologico che a volte diventa, anche rapidamente, un disturbo mentale. Il tema della salute mentale è un’emergenza già da qualche anno, il covid l’ha solo reso più evidente, eppure i servizi sono gravemente in difficoltà. Nella nostra provincia l’unico reparto psichiatrico ospedaliero è rimasto a Cassino e sopporta il peso di un’intera provincia con gravi mancanze in organico. Eppure per come è grave oggi la situazione sarebbe indispensabile un reparto psichiatrico infantile. Idem per i servizi territoriali dove la mancanza di psichiatri è ormai un’emergenza. Andrebbero fatti screening approfonditi sin dalla fase scolare, ma chi li fa?

Parlando delle campagne di prevenzione/informazione, qualcosa è andato storto. Attività a intermittenza e anche a volte dimenticate. Perché?

In alcuni casi si continua a pensare che si debbano informare i ragazzi sui pericoli delle droghe ma questo è inutile e semplicistico. Primo perché i ragazzi non si spaventano di fronte ai rischi della trasgressione, secondo perché loro su google e sui social trovano più informazioni di quanto possiamo immaginare. Anzi, è proprio perché conoscono gli effetti, hanno voglia di sperimentare! Più che prevenire bisogna promuovere modelli di vita sana e che abbia significati profondi. Non è moralismo, bisogna promuovere lo sviluppo di competenze come la resilienza, l’affettività, il pensiero critico e il pensiero creativo. La prevenzione inizia da bambini davanti alla vetrina di un negozio quando il genitore insegna a spostare in avanti la gratificazione: non tutto e subito ma quando sarà il momento giusto. 

Torniamo ai numeri. I dati della relazione del Dep Lazio riferiti al 2023 ci dicono che quelli della Asl di Frosinone sono i più alti della Regione. Cassino rispecchia il trend provinciale o lo supera? E in cosa?

Penso che quando guardiamo alla nostra città abbia poco senso considerarne i confini geografici. Oggi Cassino è il punto riferimento di un territorio vasto che comprende quasi quaranta comuni. Migliaia di ragazzi che vengono qui per studiare, per divertirsi, per incontrare i loro coetanei ma anche per sperimentare, per trasgredire, per fuggire dal vuoto e dalla noia. E di conseguenza la gestione del tema dovrebbe essere collegiale, serve un Piano Locale Giovani di grande respiro con una forte dimensione interistituzionale. Non sono i dati ad essere allarmanti quanto piuttosto la mancanza di strategie!

Dipendenze da sostanze: oppiacei e coca ma di recente ci sono stati i casi di sospetta overdose registrati in ospedale a Cassino per un mix di sostanze.  Così come siringhe rinvenute anche in centro. Cosa sta succedendo sotto ai nostro occhi?

Non c’è quasi più una persona che abbia una sola dipendenza: si va dalle sostanze legali come i farmaci a quelle illegali, passando per il web, la pornografia, le dipendenze alimentari e il gioco d’azzardo. Una volta l’eroinomane lo trovavi agli angoli delle strade, oggi chi fa uso di sostanze è la persona della porta accanto. Sostanze alle quali si accede con una semplicità imbarazzante, su internet si può comprare qualsiasi cosa e questo favorisce anche l’abbassamento dei prezzi e l’abbassamento dell’età.

L’approccio con stupefacenti e alcol ormai avviene a un’età sempre più bassa. Che quadro abbiamo del Cassinate? 

Non abbiamo dati a cui fare riferimento, anche perché non ci sono fondi per la ricerca in questo campo. D’altra parte i dati che girano riguardano le persone che si rivolgono ai servizi e per ognuna di loro ce ne sono almeno altre tre che per vari motivi, compresa l’età giovane, ai servizi non si rivolgono. Ci sono però ragazzi che nel giro di un’estate passano dal fumare di nascosto la sigaretta elettronica alla stagnola di eroina. Serve una nuova consapevolezza da parte dei genitori che devono imparare ad osservare i comportamenti dei figli, anche quelli più banali e intervenire prima che sia troppo tardi.

Giovanissimi a rischio coma etilico quasi tutti i weekend. Su questo fronte cosa si può fare?

Anche qui l’educazione comincia in famiglia: non serve avere vino e birra a tavola tutti i giorni e sono stupidi gli adulti che invitano gli adolescenti ad “assaggiare” gli alcolici, eppure succede in tutte le famiglie, dove invece si dovrebbe imparare che l’alcol va usato con moderazione e in modo occasionale. Poi abbiamo la movida incontrollata e incontrollabile e lasciatemi dire quanto può essere ridicolo immaginare che i gestori dei bar possano mettere i cosiddetti steward a controllare i consumi e a limitare gli incassi! La funzione di controllo è dello Stato, nelle sue articolazioni, perciò serve la presenza delle forze dell’ordine, servono uomini, divise e mezzi presenti in maniera costante nei luoghi della movida. Tutto il resto sono chiacchiere inutili.

Nella voce “altre dipendenze” cosa ci finisce? Il gioco d’azzardo o forse anche le maledette challenge, che mettono a rischio poco più che bambini?

Le sfide pericolose parlano del bisogno dei ragazzi di attirare l’attenzione, per questo viaggiano tanto sui social. Bisogna mettere limiti seri all’uso della tecnologia. Possibile che ancora oggi ci siano genitori che lasciano l’uso libero del telefono, anche di notte, a figli di undici o dodici anni? Serve grande attenzione da parte dei genitori. Cellulari e tablet andrebbero banditi dalle scuole perché quando i genitori provano a mettere dei limiti spesso si trovano la scuola che invece impone stupidamente l’uso della tecnologia. E così anziché il fascino dell’Odissea raccontata da un insegnante appassionato ci troviamo un piattume indistinto concentrato sull’attimo presente, senza più il valore della memoria, né la speranza nel futuro.

 

 


     

    Il carcere e la città

    Il carcere e la città

    Ventuno anni, poco più che adolescente. Questa l’età di ragazzo morto nel carcere di Frosinone qualche giorno fa. Ha inalato il gas di una bomboletta da campeggio e sembra improbabile che possa averlo fatto per errore. Un’indagine con cui accertarlo è stata aperta dalla procura del capoluogo. Dunque potrebbe trattarsi del quarantottesimo suicidio nelle carceri italiane di quest’anno. Ma ad oggi siamo già a 50 casi e in questi primi sei mesi del ‘24 ce ne sono anche 5 che riguardano gli agenti di custodia. Il mondo delle politiche sociali deve interrogarsi, oggi più che mai, su come ridare dignità alle persone detenute.

    Lo “svuota-carceri”

    Mentre scrivo il Ministro Nordio presenta in Consiglio dei Ministri il decreto “svuota-carceri” con sconti di pena e facilitazioni per le misure alternative ma il sovraffollamento non è l’unico aspetto. Il vero punto, che anche questo decreto non prova nemmeno ad affrontare, è la funzione rieducativa della pena, per la quale servirebbero educatori (appunto!), psicologi, scambio con le realtà (accreditate!) del Terzo settore.

    Un mondo a parte

    Entro in carcere da tanti anni per incontrare detenuti con problemi di tossicodipendenza. Con loro si incontra un mondo profondamente complesso, fatto di cancelli pesanti che ti si chiudono alle spalle ad ogni corridoio. Ma anche di persone che vivono o lavorano immerse in una dimensione parallela a quella della normalità.

    Cassino, Frosinone, Regina Coeli, Rebibbia, Poggio reale, Nisida: il carcere è un mondo a sé stante dove il tempo ha senso solamente nell’attesa del fine penaNon è un tempo di ricostruzione, non è un tempo di conversione, non è un tempo di rieducazione, non è un tempo di cura. Perlomeno nella stragrande maggioranza dei casi. Anche a causa della mancanza di personale.

    Eppure, non occuparsi della rieducazione dei detenuti, della ricostruzione delle loro abilità sociali, dei loro percorsi formativi e di reinserimento lavorativo è il più grande danno che la società possa fare a sé stessa perché quando il detenuto esce dal carcere non ha nessuna opportunità che gli impedisca di tornare a delinquere. Non ha paura di tornare in carcere perché non ha nulla da perdere.

    Il “doppio fardello”

    A maggior ragione se vive una condizione di salute compromessa come il disagio psichico, la tossicodipendenza, le varie forme di disturbo della personalità. La sanità penitenziaria è lontana anni luce dalla possibilità di prendere in carico realmente la sofferenza di queste persone.

    Nel libro “Il doppio fardello” il professor Maurizio Esposito, partendo da un lavoro di ricerca molto approfondito, mette a nudo tutti i limiti del sistema penitenziario sul tema del diritto alla salute di persone alle quali non solo è negata la libertà ma anche la cura di malattie croniche che, di fatto, pregiudicano le relazioni e le prospettive future. Occuparsi della loro salute è il primo modo per ridare dignità alle persone detenute.

    In un’intervista Giovanni Maria Flick (ex ministro di Giustizia e presidente della Corte Costituzionale) ricorda che “il carcere viene considerato un mondo a parte, poroso ma impermeabile a qualsiasi forma di cambiamento; uno strumento di reazione alla paura del diverso”. Invece di essere utilizzato come extrema ratio, per casi particolarmente gravi è lo strumento per risolvere problemi ordinari. A parere del giurista si continua a perseguire la strada del “carcere a ogni costo” e “ci si dimentica dei diritti e della dignità del detenuto, oltre che della funzione educativa della pena”. Aggiunge: “Ma c’è un principio che spesso viene dimenticato: è la pari dignità sociale, la quale non esclude nessuno, neanche i detenuti; neanche i condannati per i reati più gravi. È una dignità che spesso viene negata nei fatti che sembrano rendere impossibile un carcere diverso da quello attuale”.

    Dignità alle persone detenute

    Eppure iniziative innovative e molto interessanti si intravedono all’orizzonte come ad esempio la  collaborazione tra l’Università e il Carcere di Cassino che ha portato l’anno scorso il primo detenuto al conseguimento della laurea triennale in Servizi giuridici. Il progetto “Università in carcere” sta a dimostrare che i muri si possono superare. Così come numerosi sono i Volontari che intraprendono iniziative di solidarietà verso i detenuti.

    Nella nostra provincia esistono tre istituti penitenziari, Frosinone, Cassino e Paliano, nei quali gli operatori della sicurezza, gli operatori sanitari e i volontari vivono più o meno gli stessi problemi. 

    Mi domando se non possa avere senso costituire un Coordinamento “Carcere e città”. Gli Assessori alle politiche sociali dei 3 Comuni interessati potrebbero animare questo tavolo per dare maggiore incisività alle iniziative che hanno al centro i detenuti, le loro famiglie, le condizioni di vita in carcere e i difficili percorsi di reinserimento. Non il carcere dove ognuno coltiva il proprio orticello, bene sicuramente, ma il carcere dentro alla città dove fare rete significa che gli operatori possono aiutarsi tra di loro, scambiare buone pratiche, che i detenuti possono contare sul sostegno integrato di varie realtà, istituzionali e del privato sociale, dove la speranza possa trasformarsi in certezza di impegno corale per ridare dignità alle persone detenute. 

    È chiaro che disperazione e solitudine diventano facilmente terreno fertile per gesti estremi ma non possiamo sopportare che in Italia, finire in carcere debba significare morte della propria dignità di essere umano.

    Un tempo nuovo

    Un tempo nuovo

    Social News N° 56 | Da questa settimana ho il privilegio di firmare una rubrica sul blog AlessioPorcu.it nella quale mi occuperò di politiche sociali. L’idea è quella di mettere in evidenza le fragilità sociali, le possibili risposte e le innovazioni sociali che abbiamo numerose sul nostro territorio.
    Vai alla mia rubrica su AlessioPorcu.it →

    Cosa resta dopo la Giornata mondiale di lotta alle droghe?

    Passata più o meno sotto silenzio anche quest’anno la Giornata mondiale di lotta alla droga. Il 26 giugno il Governo ha presentato i dati della relazione annuale al Parlamento mettendo in evidenza che quattro giovani su dieci tra i 15 e i 19 anni nel 2023 hanno fatto uso almeno una volta di sostanze stupefacenti.
    E in Provincia di Frosinone che succede? Il rapporto dell’osservatorio epidemiologico segnala che sono oltre 1.800 gli utenti in carico alla ASL. Da non dimenticare le persone, un centinaio circa, accolte dalle tre comunità terapeutiche In dialogo a Trivigliano, Nuovi orizzonti a Piglio e Fondazione Exodus a Cassino dove seguono un programma di riabilitazione residenziale.
    Si conferma l’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che i numeri ufficiali corrispondono ad almeno un terzo dei numeri veri, fatti dalle tante persone che per tanti motivi non si rivolgono ai servizi del pubblico e del privato sociale. Il boom di cocaina e crack si rispecchia negli episodi sempre più numerosi che negli ultimi anni vedono giovani protagonisti di episodi violenti. In questi giorni siamo impressionati dalla morte del povero Thomas a Pescara ma le “nostre” storie recenti di Alatri, Colleferro, Frosinone hanno tutte a che fare con le droghe che scorrono a fiumi nella nostra provincia.
    I dati finalmente mettono in luce anche un altro fenomeno che riguarda sempre più spesso le ragazze: l’utilizzo di psicofarmaci senza prescrizione medica. Fatto che non si può non mettere in relazione con i fenomeni di isolamento sociale e di depressione che investono i nostri ragazzi. E con i suicidi che pure fanno sempre più impressione per la frequenza con cui caratterizzano una gioventù sempre più fragile e disorientata di fronte ai problemi della vita.
    Potremmo parlare dell’alcol ma continuare a rincorrere i dati sull’uso di sostanze, da anni, non cambia le cose.
    Il punto è che abbiamo smesso di investire sull’educazione agli stili di vita sani. Abbiamo smesso di scommettere sulla prevenzione come risposta al disagio. Abbiamo disinvestito su tutte le azioni educative, proprio adesso che, nel post covid, la fragilità dei nostri adolescenti si vede da diversi sintomi: l’aumento dell’isolamento sociale, l’incremento degli atti di autolesionismo e di intenti suicidari. La questione delle sostanze è un effetto, ma non è l’unico: è il sintomo di una condizione di fragilità che è in costante aumento.
    Ogni tanto si fanno interventi nelle scuole per parlare dei pericoli delle droghe ma dobbiamo dirci onestamente che è solo può modo per metterci a posto la coscienza: i ragazzi conoscono le sostanze e sono perfettamente consapevoli dei rischi, l’approccio disfunzionale si usava decenni fa, ma oggi sappiamo che non serve.
    Droghe, alcool, dipendenze affettive, azzardo hanno tutte la stessa origine: sono modi per cercare la felicità al di fuori di sé. Sotto la dipendenza c’è sempre una sofferenza, un fuoco, su cui non basta mettere il coperchio, bisogna spegnere le fiamme.
    Le strategie di lotta alla droga servono per quelli che già ci sono cascati e lottano per uscirne. Per questo abbiamo il lavoro che portano avanti i Ser.D. e le strutture del privato sociale. Anche se servono fondi e personale qualificato. Mancano medici, psichiatri e psicologi mentre le tariffe sono ferme al 2012 e in 12 anni il costo di tutto è raddoppiato.
    Ma il punto vero è il completo disinteresse di questo Paese per le Politiche giovanili. La qualità del tempo libero che offriamo ai nostri ragazzi è pessima: il muretto, il centro commerciale, il campetto e poi? Quali spazi dedicano le nostre città ai ragazzi? Dove possono incontrarsi in maniera informale? E perché gli spazi di aggregazione di una volta non funzionano più? L’offerta ideale per il tempo libero degli adolescenti e dei ragazzi dovrebbe prevedere non attività già organizzate a cui loro si iscrivono, ma luoghi auto-organizzati. È necessario un progressivo arretramento del mondo adulto per lasciare ai ragazzi spazi da gestire, organizzare e ripensare.
    A Cassino ci abbiamo provato con il Consiglio comunale dei giovani e lo stesso avviene a Sora, a Ceccano e in altri centri. Così come abbiamo inventato la “Casa di Willy” nel quartiere San Bartolomeo, sempre a Cassino, uno dei più difficili anche per la presenza di importanti luoghi di spaccio. Dico che abbiamo “inventato” perché non esistono fondi in Italia, né dal Governo, né dalle Regioni che possano essere utilizzati dalle città per aprire centri di aggregazione giovanile.
    Una volta le Province erano titolari della responsabilità di attuare il Piano Locale Giovani, lo facevano con i fondi della Regione. Oggi non ci sono più né i fondi, né le competenze. Ciò non toglie però che, con un atto di coraggio e con un po’ di speranza nel futuro, ci si possa mettere intorno ad un tavolo e riaprire il ragionamento. Ai nostri ragazzi lo dobbiamo.
    Di segnali ce ne stanno mandando parecchi!
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    Post scriptum

    Da diversi giorni ricevo tantissimi messaggi di amici che si dicono increduli per la mia mancata elezione al Consiglio comunale di Cassino. Io non sono rimasto sorpreso più di tanto perché sapevo che i professionisti della raccolta delle preferenze erano scesi in campo con un’organizzazione militare.
    Cinque anni fa, dopo le dimissioni del centrodestra e il dissesto, dalla città emergeva forte una richiesta di serietà e di concretezza che noi abbiamo contribuito ad incarnare. Oggi, dopo il buongoverno dell’Amministrazione Salera, quella richiesta non c’era più e il voto di opinione ha lasciato il campo libero al voto organizzato.
    Le elezioni non sono solamente proposte, idee, contenuti, racconto delle cose buone fatte nei cinque anni precedenti. Le elezioni richiedono anche organizzazione e, certamente, quella spregiudicatezza che a noi oggettivamente è mancata.
    Dunque la volontà dell’elettorato è sovrana e noi continueremo a dare il nostro contributo in altre forme. Con il sorriso, sempre.
    Leggo molto volentieri le vostre opinioni in proposito. Scrivete su posta@luigimaccaro.it →

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      Droga, apriamo gli occhi!

      Droga, apriamo gli occhi!

      Passata più o meno sotto silenzio anche quest’anno la Giornata mondiale di lotta alla droga. Il 26 giugno il Governo ha presentato i dati della relazione annuale al Parlamento mettendo in evidenza che quattro giovani su dieci tra i 15 e i 19 anni nel 2023 hanno fatto uso almeno una volta di sostanze stupefacenti. E in Provincia di Frosinone che succede? Il rapporto dell’osservatorio epidemiologico segnala che sono oltre 1.800 gli utenti in carico alla ASL. Da non dimenticare le persone, un centinaio circa, accolte dalle tre comunità terapeutiche In dialogo a Trivigliano, Nuovi orizzonti a Piglio e Fondazione Exodus a Cassino dove seguono un programma di riabilitazione residenziale.

      Si conferma l’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che i numeri ufficiali corrispondono ad almeno un terzo dei numeri veri, fatti dalle tante persone che per tanti motivi non si rivolgono ai servizi del pubblico e del privato sociale. Il boom di cocaina e crack si rispecchia negli episodi sempre più numerosi che negli ultimi anni vedono giovani protagonisti di episodi violenti. In questi giorni siamo impressionati dalla morte del povero Thomas a Pescara ma le “nostre” storie recenti di Alatri, Colleferro, Frosinone hanno tutte a che fare con le droghe che scorrono a fiumi nella nostra provincia.

      I dati finalmente mettono in luce anche un altro fenomeno che riguarda sempre più spesso le ragazze: l’utilizzo di psicofarmaci senza prescrizione medica. Fatto che non si può non mettere in relazione con i fenomeni di isolamento sociale e di depressione che investono i nostri ragazzi. E con i suicidi che pure fanno sempre più impressione per la frequenza con cui caratterizzano una gioventù sempre più fragile e disorientata di fronte ai problemi della vita.

      Potremmo parlare dell’alcol ma continuare a rincorrere i dati sull’uso di sostanze, da anni, non cambia le cose. Il punto è che abbiamo smesso di investire sull’educazione agli stili di vita sani. Abbiamo smesso di scommettere sulla prevenzione come risposta al disagio. Abbiamo disinvestito su tutte le azioni educative, proprio adesso che, nel post covid, la fragilità dei nostri adolescenti si vede da diversi sintomi: l’aumento dell’isolamento sociale, l’incremento degli atti di autolesionismo e di intenti suicidari. La questione delle sostanze è un effetto, ma non è l’unico: è il sintomo di una condizione di fragilità che è in costante aumento.

      Ogni tanto si fanno interventi nelle scuole per parlare dei pericoli delle droghe ma dobbiamo dirci onestamente che è solo può modo per metterci a posto la coscienza: i ragazzi conoscono le sostanze e sono perfettamente consapevoli dei rischi, l’approccio disfunzionale si usava decenni fa, ma oggi sappiamo che non serve.

      Droghe, alcool, dipendenze affettive, azzardo hanno tutte la stessa origine: sono modi per cercare la felicità al di fuori di sé. Sotto la dipendenza c’è sempre una sofferenza, un fuoco, su cui non basta mettere il coperchio, bisogna spegnere le fiamme.

      Le strategie di lotta alla droga servono per quelli che già ci sono cascati e lottano per uscirne. Per questo abbiamo il lavoro che portano avanti i Ser.D. e le strutture del privato sociale. Anche se servono fondi e personale qualificato. Mancano medici, psichiatri e psicologi mentre le tariffe sono ferme al 2012 mentre in 12 anni il costo di tutto è raddoppiato.

      Ma il punto vero è il completo disinteresse di questo Paese per le Politiche giovanili. La qualità del tempo libero che offriamo ai nostri ragazzi è pessima: il muretto, il centro commerciale, il campetto e poi? Quali spazi dedicano le nostre città ai ragazzi? Dove possono incontrarsi in maniera informale? E perché gli spazi di aggregazione di una volta non funzionano più? L’offerta ideale per il tempo libero degli adolescenti e dei ragazzi dovrebbe prevedere non attività già organizzate a cui loro si iscrivono, ma luoghi auto-organizzati. È necessario un progressivo arretramento del mondo adulto per lasciare ai ragazzi spazi da gestire, organizzare e ripensare.

      A Cassino ci abbiamo provato con il Consiglio comunale dei giovani e lo stesso avviene a Sora, a Ceccano e in altri centri. Così come abbiamo inventato la “Casa di Willy” nel quartiere San Bartolomeo, sempre a Cassino, uno dei più difficili anche per la presenza di importanti luoghi di spaccio. Dico che abbiamo “inventato” perché non esistono fondi in Italia, né dal Governo, né dalle Regioni che possano essere utilizzati dalle città per aprire centri di aggregazione giovanile.

      Una volta le Province erano titolari della responsabilità di attuare il Piano Locale Giovani, lo facevano con i fondi della Regione. Oggi non ci sono più né i fondi, né le competenze. Ciò non toglie però che, con un atto di coraggio e con un po’ di speranza nel futuro, ci si possa mettere intorno ad un tavolo e riaprire il ragionamento. Ai nostri ragazzi lo dobbiamo. Di segnali ce ne stanno mandando parecchi!

        Ne è valsa la pena

        Ne è valsa la pena

        Una cosa è certa: ho ricevuto molto di più di quello che ho dato. E questo è sufficiente per dire che ne è valsa la pena: dalle primarie del 2019 alle comunali di quest’anno ho perso e ho vinto e poi ho perso ancora ma la politica è entusiasmo, voglia di provarci, orgoglio di essersi messi in gioco.
        Soprattutto ne è valsa la pena perché oggi possiamo dire con certezza che la politica non è riservata ai professionisti, perché quando c’è una comunità unita da ideali ed entusiasmo si può affrontare qualunque sfida pur di essere all’altezza dei propri sogni.
        Oggi è il momento della delusione ma la passione per il bene comune continuerà in altre forme, certi che vale sempre la pena di “provare a lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”.
        È stato un privilegio servire la mia città per cinque anni, accompagnando la speranza di chi, fra i più fragili, aveva bisogno di una risposta chiara, concreta e immediata dalle Istituzioni.
        Smaltiremo la delusione e riprenderemo il cammino al servizio del bene comune con ottimismo perché si può perdere un’elezione ma non il buonumore.
        A chi prenderà il mio posto lascio cose fatte con il cuore, progetti nati dall’incontro con le persone, mattoni solidi con i quali abbiamo reso più solida la nostra comunità.
        Ringrazio davvero tutti quelli con cui abbiamo fatto insieme questo pezzo di strada.
        Ma non si arriva se non per ripartire e siccome abbiamo dalla nostra parte l’entusiasmo, il tempo e la libertà continueremo ad occuparci di politica anche perché comunque la politica continuerà ad occuparsi di noi.
        Buona strada al Sindaco Enzo Salera e alla nuova maggioranza affinché portino avanti la rivoluzione che abbiamo iniziato insieme.

          Spazio Inclusione Sociale

          Spazio Inclusione Sociale

          «Possiamo passare dall’accettazione alla relazione, da una logica di inclusione a una logica di cittadinanza».
          Cassino è uno dei 656 Comuni italiani che aderiscono al Sistema di Accoglienza e Integrazione (S.A.I.). Su ottomila Comuni siamo a meno del 10%. Un Sistema molto serio e ben organizzato attraverso la collaborazione tra Enti locali e Terzo Settore. Il nostro partner è da quasi 15 anni la cooperativa sociale Ethica.
          Non si può dire lo stesso per i Centri di Accoglienza Straordinaria (C.A.S.) gestiti come un’emergenza (ancora!?) dalle Prefetture.
          La Regione Lazio, da diversi anni, mette a disposizione dei Comuni alcune risorse finalizzate a sostenere percorsi di integrazione.
          Con questi fondi abbiamo realizzato eventi di formazione per i dipendenti pubblici che devono relazionarsi con cittadini di provenienza straniera, abbiamo aperto uno sportello di orientamento per immigrati, abbiamo promosso alcune borse lavoro per giovani immigrati in una logica di inclusione.
          Tutto questo è oggi il progetto Spazio Inclusione Sociale presso l’Assessorato alla Coesione sociale del Comune di Cassino.
          Migrare non è un viaggio di piacere, spesso è l’unico modo per salvare la vita a se stesso e ai propri figli. Migrare è sempre una sofferenza, un dolore, un distacco profondo dalla terra dove sei nato. A nessuno piace migrare. Si fugge perché si è costretti. Questo non dimentichiamolo mai.
          Per questo è indispensabile incrementare le politiche di inclusione.
          🗳️ Alle prossime elezioni, ✖️barra il simbolo DEMOS e ✍️scrivi MACCARO.
          ✅ Guarda qui tutte le 💯 cose fatte in questi 5 anni : https://www.facebook.com/share/aGKDYxeY2SLP8Yr1/?
          Tavolo politiche giovanili

          Tavolo politiche giovanili

          «Ai giovani servono occasioni per essere protagonisti, dentro le istituzioni, con le loro idee».
          Lavoro da 30 anni con giovani che hanno fatto grossi sbagli nella loro vita e questo mi ha portato a promuovere decine di progetti di prevenzione nelle scuole e nei luoghi del tempo libero.
          Con la delega alle politiche giovanili c’è stato un cambio di passo: non più cose pensate per i giovani ma cose da pensare insieme ai giovani.
          Così è nato il Tavolo sulle politiche giovanili al quale hanno partecipato studenti universitari, esponenti di associazioni giovanili ma anche ragazzi non associati. Così è nata l’idea del Consiglio comunale dei giovani, l’istituzione di uno sportello di ascolto psicologico per adolescenti, la necessità di un centro di aggregazione giovanile nel quartiere di San Bartolomeo (La Casa di Willy), l’utilizzo della Rocca Janula per promuovere il turismo giovanile grazie ai fondi della Regione Lazio e tante altre iniziative che non solo state mai calate dall’alto ma sempre pensate insieme ai rappresentanti della generazione 15-25 anni.
          Non da ultimo, sul bilancio del Comune, è stato stanziato un fondo di circa diecimila euro, interamente a disposizione del Consiglio dei giovani affinché possa essere utilizzato per promuovere la partecipazione giovanile.
          Non poco, direi. Ma vogliamo continuare a fare molto di più anche nei prossimi 5 anni.
          Sei d’accordo???
          🗳️ Alle prossime elezioni, ✖️barra il simbolo DEMOS e ✍️scrivi MACCARO.
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